Il 23 novembre per i lucani
Me la ricordo davvero come una rivoluzione democratica. Non violenta, pacifica, coraggiosa, di popolo. Che portava dentro di se gli stessi ingredienti di quella che immagino occorra alla Basilicata di oggi.
Nel 2003 ero già sindaco di Lauria da due anni, ma quella marcia dei centomila per dire no al deposito unico di scorie nucleari a Scanzano Jonico l’ho vissuta innanzitutto da cittadino, da lucano orgoglioso e fiero.
Alzammo la testa e facemmo sentire le nostre voci al governo nazionale, fu una battaglia meridionale che cancellò per settimane spazio e tempo. Il quotidiano era scandito dalla sola organizzazione di presidi, dirette tv, coordinamenti. Fu una reazione decisa e composta di un popolo che riconquistò insieme alla sua terra, minacciata da scelte scellerate, dignità e orgoglio. Io mi sentivo parte di quel tutto, di quell’incredibile movimento dal basso che portò, cinque giorni dopo la marcia, i blocchi sulla jonica e la mobilitazione continua, il Governo a cedere e a modificare il decreto.
Ma il 23 novembre, nei miei ricordi e per la mia gente é anche terra che trema, paura e dolore. Paura e dolore che restano intatti come ferro nella memoria. Oggi come trentatré anni fa.
Gli anniversari servono anche a riportare in superficie avvenimenti che facciamo ancora fatica a capire ed accettare, servono a ricordarci – ma qui nessuno lo dimentica- che non ci sono domande che valgono senza le risposte. Che non ci sono rivoluzioni presenti senza aver fatto prima i conti col passato.