Il voto non può essere vissuto come una resa dei conti
Il voto di domenica prossima non può essere vissuto come una sorta di resa dei conti, tra e nei partiti di governo, e nel Pd in particolare. Tanto in Basilicata, come nel resto del Paese.
Le diversità – che pure ci sono, e non vanno sottaciute – devono rappresentare un valore aggiunto. Un elemento di inclusione. Di maggiore rappresentatività. Un modo per invogliare i cittadini alla partecipazione attiva, sconfiggendo la sindrome del disinteresse e della sfiducia, alimentata dalla mala pianta della rassegnazione e del pregiudizio, che nelle ultime competizioni elettorali ha fatto crescere a dismisura l’esercito degli astenuti.
Io lavorerò in questi ultimi giorni di campagna elettorale, e soprattutto dopo, a urne aperte, perché il voto di domenica 31 maggio renda più stabile la Basilicata. Le sue amministrazioni locali. La sua classe dirigente, in periferia come nei due capoluoghi di provincia. Lavorerò per un Pd che sappia metta a valore la capacità di ascolto e la voglia di partecipazione dei cittadini, recuperando ciò che ci unisce dalle ragioni che ci dividono.
Non permetterò che il futuro della Regione possa essere condizionato dai veleni di una campagna elettorale, che per quanto aspra e difficile non può mai mettere in discussione la dignità delle persone, a partire da coloro che vivono un momento drammatico, spesso dovuto alla crisi economica e alla mancanza di un posto di lavoro.
Promettere ciò che non si può mantenere, adombrando soluzioni miracolistiche e risolutive, se mai poste a carico, a loro insaputa, del presidente della Regione e di altri esponenti della vita politica lucana, non solo è sbagliato sul piano morale, prima ancora che politico, ma rischia di alimentare, come sempre accade quando alle promesse non seguono (o non possono seguire) i fatti, quel processo di disgregazione del tessuto sociale che noi vogliamo combattere, proprio per evitare di far crescere la sfiducia nella politica, allontanando sempre di più i cittadini dalle Istituzioni.
Per quanto mi riguarda, voglio essere chiaro, anche a costo di apparire brutale. E’ finito un vecchio modo di fare politica. Quello che in passato, chi più chi meno, tutti utilizzavamo, quando il cittadino tendeva la mano e i partiti la stringevano.
Quel metodo di amministrare il consenso ci ha portati allo stato in cui siamo. E se non vogliamo che la casa comne crolli del tutto, dopo essere stata seriamente danneggiata dal terremoto dell’antipolitica, dobbiamo impegnarci tutti, in questa vigilia elettorale, e a maggior ragione dopo, per recuperare sobrietà di linguaggio. Senso di responsabilità. Ma soprattutto un reale spirito di servizio, per il bene delle comunità amministrate.