Il mio ricordo di Emilio Colombo ad un anno dalla sua morte

Le tappe significative dell’azione politica svolta da Emilio Colombo sono state ricordate dal presidente della Regione, Marcello Pittella, il quale ha innanzitutto sottolineato come sul grande leader sia subito caduto il velo del silenzio, nei giorni del suo funerale e nel giorno della posa della lapide ricordo sulla sua abitazione in Via Pretoria a Potenza. “Non vi è stata quella corale partecipazione popolare e quel calore affettivo che pure sarebbe stato giusto attendersi nei confronti di un leader prestigioso e carismatico del più grande partito politico italiano del secolo scorso, la Democrazia Cristiana“, ha puntualizzato Pittella. Che ha così proseguito nel ricordo di quel Presidente del Consiglio, che nel 1972, appose la sua firma sotto lo statuto della Regione Basilicata: “Un leader di partito e al tempo stesso, come tutti noi sappiamo, un grande Statista. Il più grande Statista Lucano che ha segnato in quasi 70 anni di vita politica attiva la storia del Novecento, a partire dai giorni dell’immediato dopoguerra, in un Paese e soprattutto in una Basilicata, messi letteralmente in ginocchio dal ventennio fascista, prima, e dal secondo conflitto mondiale, poi.

Più volte ministro. Presidente del Consiglio. Presidente del Parlamento Europeo. Emilio Colombo ha racchiuso in un cursus honorem difficilmente replicabile, e che già di per sé misura la portata di un uomo di successo passato alla Storia, quella che è stata una esperienza di vita totalmente dedicata alla Politica e al governo delle più alte Istituzioni democratiche del nostro Paese, e non solo.

In Emilio Colombo si ritrovava la Basilicata quasi per intero, pur in un clima di lotta politica che ha visto per esempio me e la mia famiglia su posizioni a volte critiche e dialettiche nei suoi confronti, ma sempre su un piano di grande correttezza, specie sotto il profilo dei rapporti umani.

Nessun altro leader di partito, né prima, né dopo di lui, è stato punto unitario di riferimento delle classi dirigenti di Potenza e Matera, peraltro in un partito di massa, come la Democrazia Cristiana, in cui certo non mancava la dialettica interna e non mancavano soprattutto distinguo di natura personale ed anche diverse sensibilità in ordine alle politiche da portare avanti per mediare tra i tanti interessi allora definiti di “classe” e realizzare il Bene Comune, così come indicato dalla Dottrina Sociale della Chiesa, cui si ispirava il mondo cattolico.

Nessun altro, ad esclusione di Colombo, è riuscito a rappresentare in modo così autorevole la sua terra tanto da diventare, nell’ambito della Geografia, oltre che della Storia, una sorta di elemento fisico di conoscenza di una regione, altrimenti sconosciuta ai più a livello nazionale e internazionale“.

Il Presidente Pittella si è poi lasciato andare ai ricordi personali, quando era studente universitario: “Mi capitava spesso di incrociarmi con persone provenienti da altre regioni italiane. E al termine delle presentazioni, quando pronunciavo il nome della città capoluogo da cui provenivo, era quasi d’obbligo sentirmi rispondere: Potenza? La città di Emilio Colombo? Certo, poi per la mia provenienza politica e familiare, con mio padre all’epoca senatore del Psi, io ero costretto ad aggiungere subito dopo, a mo’ di chiarimento, di essere socialista e non democristiano come Colombo. Ma il dato vero, fondamentale era quello, per così dire, di una sorta di unità territoriale che ci accomunava al grande leader.

Eravamo conosciuti, noi lucani, ed in particolare i potentini, per essere i conterranei del ministro Colombo. E devo dire con molta franchezza , oggi da Presidente della Regione: quanto ci manca quel Ministro!

In questi tempi difficili, con la Basilicata maltrattata e dimenticata a livello governativo, come dimostrano le vicende di questi giorni sul Patto di Stabilità, con la Regione costretta ad approvare una legge per richiamare il Governo alle proprie responsabilità, come vorremmo che fosse ancora in vita, forte della sua autorevolezza, l’Emilio Colombo che si batteva per la riforma fondiaria, per dare la terra ai contadini, per sottrarre migliaia e migliaia di lucani dalla schiavitù della miseria e dell’abbandono.

Come vorremmo che ci fosse ancora a Roma un uomo, della statura politica e della levatura morale di Emilio Colombo, al quale affidare le nostre ragioni. Le nostre speranze. La nostra ansia di giustizia, a fronte di mancate decisioni, tanto, ripeto, sul Patto di Stabilità, quanto più complessivamente sulla questione Petrolio, che ci vede impegnati da anni, in un rapporto spesso difficile e conflittuale con il Governo centrale.

Poi certo si potrà dire che su alcune materie da noi sollevate, come quella del Patto di Stabilità, anche il Governo di Roma deve a sua volta fare i conti con l’Europa della Merkel e dei banchieri. Quella Europa di cui Colombo è stato uno dei padri fondatori, sulle orme di Adenauer, Monnet, De Gasperi e Schuman. Ed anche qui io sono certo che il suo convinto ed appassionato europeismo, al quale credo sia necessario continuare ad ispirarsi, avrebbe convinto in questi giorni anche i falchi di Bruxelles a ritornare sulle proprie posizioni, per venire incontro agli ultimi e ai penultimi. Esattamente come umilmente tentiamo di fare anche noi, nella nostra azione politica quotidiana, facendo nostri gli appelli alla sobrietà e alla solidarietà che puntualmente ci arrivano da Papa Francesco.

Lo dico per me, ma sono certo di interpretare il pensiero di tanti miei colleghi consiglieri regionali. Il ricordo di Colombo è ancora forte e vivo nella mente di quanti l’hanno conosciuto e di quella classe dirigente che ha avuto la fortuna di avvalersi dei suoi insegnamenti, ascoltandolo in privato o nelle manifestazioni pubbliche che puntualmente, soprattutto nei primi anni ’70, all’apice del suo successo in veste di Presidente del Consiglio, richiamavano a Potenza le folle oceaniche dell’intera Basilicata e delle regioni vicine.

C’è in tutti noi un forte debito di gratitudine dei suoi confronti . E per come io lo avverto, sapendo che quel patrimonio di storia, di esperienza e di ideali non può andare disperso, io credo che questo debito di gratitudine non sia maturato solo nei confronti di Emilio Colombo. Ma sia un atto dovuto nei confronti dei giovani, delle nuove generazioni, di quanti cioè, al contrario di noi, non hanno avuto la fortuna di conoscerlo, se mai di muovergli anche qualche critica, come pure a me è capitato di fare, ma in fondo di amarlo e di apprezzarlo, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, quando il suo ruolo super partes di Senatore a vita aveva, diciamo così, ammorbidito qualche asprezza caratteriale e politica, di cui c’era stata evidente traccia negli anni del duro scontro ideologico Dc-Pci, quando la cultura cattolica, da un lato, e quella social-comunista, dall’altro, si affrontavano quasi senza esclusione di colpi.

La domanda ora è: come possiamo ripagare il debito di gratitudine che abbiamo nei confronti di Emilio Colombo?

Ho letto in questi giorni sui giornali una serie di interessanti suggerimenti. Il collega Achille Spada ha proposto, per esempio, di intitolargli una piazza nelle nostre città capoluogo e nei tanti piccoli paesi nei quali egli non ha mai fatto mancare la propria presenza, soprattutto in campagna elettorale. Sono pienamente d’accordo. Scriverò, se necessario, una lettera a sostegno di questa idea a tutti i sindaci lucani.

Ho poi letto la lunga e appassionata nota scritta qualche giorno fa da Vincenzo Viti, proprio nel giorno del primo anniversario della morte di Emilio Colombo.

Vincenzo ha lanciato una proposta, che per la verità egli aveva avuto modo di anticiparmi e che io condivido in pieno.

Vale a dire: istituire una Fondazione Emilio Colombo per l’Europa, chiamando a cooperare le migliori intelligenze del Paese e non solo.

Io credo che dobbiamo seriamente fare nostro l’appello di Vincenzo Viti, saldando il debito di gratitudine che abbiamo nei confronti di Colombo, dando vita ad una Istituzione di studi, di ricerche e di formazione che ricordi l’impegno che valse a “don Emilio” – come affettuosamente lo chiamavano i suoi amici più cari – l’attribuzione dei Premi Carlo Magno ad Aquisgrana e Monnet a Losanna. Una Fondazione che guardi alle nuove generazioni, alle quali ricordare che solo in Europa è possibile ritrovare le ragioni di una rinnovata prospettiva etica, culturale e civile che consenta alla Basilicata, al Mezzogiorno e all’Italia di affrontare le grandi sfide che ci attendono.

Per quanto mi riguarda – ha concluso il Presidente Pittella – offro sin d’ora la piena disponibilità della Regione a lavorare alla costituzione di una Fondazione Emilio Colombo per l’Europa. Potremo così recuperare il lascito che la migliore tradizione del meridionalismo europeo ha saputo realizzare e che attende di rivivere con la qualità e l’intransigenza che Colombo sepe mettere nel suo impegno di uomo del Sud, dell’Italia e dell’Europa“.